Recentemente ho fatto ritorno, dopo moltissimi anni, alla fotografia su pellicola, e qui voglio analizzare e condividere i motivi che mi hanno spinto verso questa scelta. Naturalmente, non è una scelta totalizzante; continuo e continuerò a utilizzare la mia attrezzatura digitale per tutte le situazioni in cui essa è indispensabile o superiore all'analogica. Un esempio è rappresentato dalle fotografie per le agenzie di Microstock, che richiedono una definizione dei dettagli difficilmente raggiungibile con la fotografia su pellicola.
Come fotografo, sono nato moltissimi anni fa, ovviamente nell'era digitale (quella era l'unica opzione!), e come molti, sono poi passato al digitale agli inizi del 2000. Tuttavia, la nostalgia per la pellicola, per la sua ritualità, per la materialità della tecnologia meccanica delle fotocamere di quell'epoca, è evidentemente sempre rimasta. Del resto, sono un appassionato delle tecnologie "vintage", come dimostra il mio possesso di una Moto Guzzi storica! Posso affermare, quindi, che la nostalgia del passato sia stato uno dei motivi di questa scelta.
Negli ultimi dieci anni, gli smartphone sempre più evoluti e le fotocamere, ormai intrise di tecnologia digitale e di mille funzioni, hanno reso l'esperienza fisica di scattare una fotografia sempre più marginale, a favore di un risultato immediato e garantito, pronto subito.
La fotografia su pellicola restituisce la manualità dello scatto, conferendogli un maggiore valore e rallentando l'intero processo, dalla cattura dell'immagine fino alla sua fruizione come prodotto finito.
Mi sono reso conto che le immagini catturate da un sensore digitale non sono vere; sono semplicemente una serie di numeri raccolti in un file digitale immagazzinato in un hard disk o in un cloud.
Le foto digitali diventano vere solo se stampate, e questo avviene sempre più raramente. Io stesso ho centinaia di immagini racchiuse negli hard disk, e poche stampate. Le foto analogiche, al contrario, sono vere fin dal momento in cui la pellicola viene esposta alla luce, e restano latenti fino a quando non vengono rese visibili dallo sviluppo. La fotografia analogica ha, dunque, una concretezza e una materialità immediate, che mancano completamente a quella digitale.
In questo momento storico, in cui siamo costantemente bombardati da una miriade di immagini fotografiche, complice l'influenza dei social media e della rete in generale, ha un particolare senso fare ritorno, almeno parzialmente, alla fotografia analogica.
Le odierne immagini sono tutte create e fruite all'insegna della massima velocità, foto pronte in pochi secondi, subito condivise, viste per pochi attimi e immediatamente dimenticate. La fotografia analogica impone tempi più lunghi, sia nell'acquisizione dell'immagine, in cui occorre prestare più attenzione alla composizione e ai parametri di scatto, sia perché non sono visibili subito, richiedendo un'attesa più lunga per terminare il rullino, portarlo a un laboratorio per lo sviluppo e, successivamente, digitalizzare le immagini e, eventualmente, stamparle.
La fotografia su pellicola è, quindi, più materica, quasi artigianale nel senso che chi la produce impiega le sue capacità manuali e intellettuali, rendendola un oggetto tangibile, appunto, artigianale. La fotografia digitale impiega solo in minima parte l'intelligenza dell'operatore, e sempre meno in questo momento di dilagare dell'Intelligenza Artificiale; la manualità è poi, nella stragrande maggioranza dei casi, completamente sostituita dagli algoritmi dei software di acquisizione (sia degli smartphone che delle fotocamere) e dei programmi di post produzione.
La fotografia su pellicola è più costosa di quella digitale. Quest'ultima, nello scatto, è praticamente gratuita ma molto costosa nell'acquisto dell'attrezzatura. La fotografia analogica è molto più economica per quanto riguarda il costo dell'attrezzatura (spesso si trovano tesori nascosti in casa propria o di parenti), ma presenta costi per l'acquisto dei rullini, lo sviluppo e la digitalizzazione (costi che si riducono se si opera in proprio), e poi l'inevitabile stampa. Tutti questi elementi contribuiscono a scattare con maggiore accuratezza e consapevolezza.
La fotografia analogica impiega strumenti molto più semplici rispetto alle odierne fotocamere digitali, che sono ormai corredate da veri e propri libri di istruzioni all'uso (in realtà, ora sono file PDF...). Le fotocamere analogiche sono essenziali; bastano pochi minuti per conoscerle a sufficienza e utilizzarle. Tuttavia, per scattare le foto, sono necessarie buone conoscenze dei parametri di scatto e dell'uso della luce. Ancora una volta, bisogna essere più artigiani che esperti di elettronica e informatica!
Nella fotografia digitale, l'operatore esperto ha facilmente un controllo completo, dal momento dello scatto alla preparazione del file finale per la stampa. Nella fotografia analogica, questo controllo è possibile solo se si effettuano personalmente tutte le operazioni, ovvero lo sviluppo e la stampa, cosa che richiede una camera oscura, oltre che attrezzature e competenze. È possibile affidarsi a un laboratorio esterno per lo sviluppo della pellicola e la digitalizzazione, per poi procedere come nel digitale nella preparazione del file finale, eventualmente da stampare. È un processo ibrido che, comunque, porta a buoni risultati. Personalmente, al momento, non ho più una camera oscura e sviluppo la pellicola (basta un luogo buio) e digitalizzo gli scatti.
Qui una serie di scatti a pellicola, di architettura contemporanea a Trento:
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